La prima pagina di questa settimana non può che vertere sulle crepe in seno al Movimento 5 Stelle che sta infiammando lo scenario politico. In una concitata riunione presso l’Auletta dei gruppi parlamentari martedì scorso si è consumata una spaccatura tra gli eletti grillini. Tra appelli all’unità sui valori comuni e richiami agli slogan della prima ora come il limite dei due mandati, i parlamentari si sono divisi in parti eguali tra le posizioni di Grillo e di Conte, il quale può vantare un maggior numero di senatori dalla sua (e quindi un sostanziale vantaggio tattico).
Nel comunicato ufficiale appare evidente il tentativo di ricucire la scissione tra il fondatore e l’ex Premier e traghettare il nuovo Movimento al 2023: “In un Movimento che della democrazia diretta e della trasparenza ha fatto i propri principali pilastri, lo Statuto è indispensabile che sia condiviso con l’intera comunità 5 Stelle. Si ritiene inoltre che una sintesi e una mediazione siano ancora possibili perché al di là delle divergenze di vedute, l’ambizioso progetto non debba andare disperso, ma messo a disposizione di quella comunità di uomini e donne che credono che si possa ancora lavorare insieme”. Il tentativo, impacciato, di Conte è quello di trasformare un movimento di protesta a partito di governo. Ma questa stessa necessità strategica sancisce la fine del Movimento perché vengono meno i suoi presupposti e la sua pretesa post-ideologica.
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