Ci fermiamo dopo una lunga corsa in una competizione durissima, contro un nemico che sembrava invincibile. E allora che sentiamo tutt’insieme, piegati sulle ginocchia, la fatica accumulata nella gara. Qualunque sia il risultato. È all’incirca questo l’allarme che lancia l’Ordine degli Psicologi Italiani: terminata la fase emergenziale, moltissimi italiani potrebbero ricevere un contraccolpo emotivo fortissimo.
A dirlo per primo è stato qualche giorno fa il Presidente dell’Ordine della Campania, Armando Cozzuto: “La letteratura scientifica ce lo conferma – sottolinea – ed è già successo in passato: i sintomi inizialmente possono non manifestarsi se non in forma attenuata, come accaduto in altri momenti storici ad alto impatto stressante come guerre o disastri ambientali. Per poi presentare il conto più alto nel post, proprio come dopo una gara sportiva”. Se quindi il piano vaccinale procede spedito (come analizzavamo QUI, non altrettanta attenzione si sta ponendo alla gestione successiva.
In Italia i professionisti nel settore non mancano di certo.
Basta pensare che sono circa 130mila gli psicologici nella Penisola, quasi un terzo di tutta la UE. Il problema che sono quasi tutti privati: solo il 5% (circa 6.000) opera in modo strutturato all’interno del sistema sanitario nazionale. Un po’ troppi pochi, se si pensa che in alcuni consultori pubblici un professionista deve gestire una richiesta virtuale di decine di migliaia di pazienti.
A rimetterci saranno le fasce deboli della popolazione come bambini, adolescenti, anziani, persone con disabilità. Si instaurerà insomma una nuova idea di pericolo, che prima non conoscevamo: quella del contagio, la quale influirà nella psiche delle nuove generazioni, secondo Cozzutto. Nel dettaglio potrebbero sopraggiungere disturbi della personalità, ansia, diffidenza, isolamento sociale volontario e perfino paura degli spazi aperti (agorafobia). Non male come campionario di problematiche.
Insomma, se nella fase iniziale la narrazione del Covid come ‘guerra da vincere’ è servita a far rispettare meglio le regole e a far percepire il rischio nella situazione pandemica, come aveva già predetto Enrico Rubaltelli, professore di psicologia all’Università di Padova (QUI), alla distanza potrebbe non essere stata una buona idea.