Un fenomeno social sta spopolando nell’ultimo periodo sulle piattaforme, specialmente TikTok. Si chiama “deinfluencing”, un trend che sta prendendo di mira gli influencer che devono la loro fama e il loro successo proprio a questi utenti che ora si stanno ribellando alle logiche social.
Influencer e narrazione ingannevole
Siamo stati testimoni di anni di dominio assoluto degli influencer che hanno sponsorizzato ogni tipologia di brand, dal più piccolo al più grande. Hanno conquistato così una larga fetta del mercato dell’economia del marketing digitale, ma il pericolo più essere sempre dietro l’angolo. Il settore è sicuramente cresciuto in maniera esponenziale ma questo ha portato anche all’esposizione a critiche e polemiche. La critica da sempre avanzata ai social influencer è quella di creare una narrazione al limite della verità, a volte quasi ingannevole. Questo si verifica soprattutto quando fanno pubblicità a prodotti che devono obbligatoriamente promuovere poiché fa parte del loro lavoro.
Spesso, quindi, gli influencer si ritrovano a pubblicizzare brand o prodotti senza specificare in modo chiaro che si tratta di un contenuto sponsorizzato. Per di più, a volte, gli stessi devono nascondere il fatto che i prodotti in questione non siano di loro gradimento.
Da questi presupposti è nata la tendenza, o meglio, la controtendenza proveniente dagli USA che spopola su TikTok denominata #deinfluencing.
Deinfluencing, ovvero gli influencer al contrario
Sono quasi 300 milioni visualizzazioni per l’hashtag su Tik Tok. Qui negli ultimi mesi i “deinfluencer” raccontano attraverso dei video anche dei prodotti che non li hanno convinti, facendo quindi recensioni negative. Perchè è nato questo fenomeno? Semplice: per contrastare ciò che fanno gli influencer, ovvero promuovere in maniera positiva brand e prodotti, anche se non sono convinti della qualità.
Proprio per questo i follower a un certo punto si sono iniziati a sentire ingannati da coloro che seguivano sui social. Da questo sentimento è nato un moto di “ribellione” social, soprattutto riguardo al mondo della beauty care e dello skin care. Infatti i deinfluencer non sono nient’altro che content creator che però fanno il contrario degli influencer. Loro infatti non promuovono prodotti: alcuni recensiscono negativamente prodotti beauty, altri invece suggeriscono delle alternative più valide, efficaci ma soprattutto più economiche.
L’obiettivo comune dei deinfluencer è uno solo: proteggere i follower dalla pubblicità ingannevole, spingendoli a fare scelte anche più consapevoli e sostenibili.
Come è nato il deinfluencing?
Tutto parte dal caso di Mikayla Nogueira, tiktoker e truccatrice con 14,4 milioni di follower, accusata di pubblicità ingannevole. Durante la promozione di un mascara, l’influencer aveva nascosto ai follower di aver utilizzato ciglia finte per potenziare il risultato finale.
Da questo caso è nata la necessità per alcuni creator di fare chiarezza, almeno per onestà nei confronti dei follower. La prima deinfluncer è un’ex dipendente di Sephora, multinazionale francese della distribuzione e vendita di profumi, make up e prodotti beauty. Maddie Wells ha utilizzato il termine nel 2020 mentre parlava dei prodotti più restituiti dalle clienti in negozio. Attraverso i suoi social recensiva e sconsigliava questi articoli di make-up e ha iniziato a pensare al “deinfluencing”, postando video da oltre 2 milioni di views.
Dopo Maddie, anche altri influencer hanno seguito la tendenza del deinfluencing, ma non solo. Infatti anche molti semplici consumatori raccontano sui loro social tramite video le loro esperienze negative utilizzando determinati prodotti.